Isis e infibulazione: i cittadini di Mosul confermano la bufala

E’ davvero difficile, quando una notizia falsa sia stata accreditata da organi di stampa ufficiali e si sia verificata la sua inattendibilità, farle fare il percorso inverso. Trovare una via per smentirla. Una via altrettanto ufficiale. Soprattutto se la notizia già diffusa sia stata colpevolmente presa per buona addirittura da un rappresentante delle Nazioni Unite.


Il rappresentante in questione è Jacqueline Badcock che martedì 22 luglio ha messo il cappello su una notizia nata nelle fucine di Adn Kronos Italia, ripresa dal quotidiano italiano “Il Giornale” e alimentata da altri siti della stampa occidentale., secondo cui IS avrebbe ordinato la circoncisione femminile nel territorio attualmente di sua auto-proclamata giurisdizione per le donne dagli 11 ai 46 anni di età.

Appena la Badcock ha fatto sua la notizia, è stata battuta anche da The Guardian, BBC e Al Jazeera con il crisma dell’ufficialità, nonostante lo Stato Islamico l’abbia smentita e i network ne rendano comunque conto. Ad oggi, i media mainstream più accreditati, come BBC, aggiornano la notizia sollevando dubbi sulla stessa.

L’affermazione si basa su un decreto di IS postato su TwitterMa l’account non è uno degli account ufficiali e/o affiliati a IS e IS stesso ha provveduto a smentire il decreto.

Per chi abbia familiarità con i messaggi di IS quel decreto è un falso evidente: lo spiega bene Lorenzo Trombetta, giornalista e arabista italiano, tra i massimi esperti mondiali di Siria e dei nuovi gruppi terroristici che la stanno infestando. Oltre a ribadire un concetto che gli arabisti non si stancano mai di ripetere – ossia che l’infibulazione non è una pratica islamica, è una pratica pre-islamica e tribale e che non mai stata ordinata o incoraggiata da autentici imam, bensì denunciata dalle autorità religiose dei Paesi musulmani – il documento presenta molte incongruenze linguistiche e formali: dalla data, al marchio del gruppo, alle fonti usate e citate per legittimarla come una misura “islamica”, fino alla firma del “Califfo” al-Baghdadi, che si riduce al nome che egli ha acquisito in battaglia, senza l’apparato di nome di origine, patronimico e appartenenza tribale. 

Scrive inoltre Trombetta: “Il testo, che presenta numerosi errori tipografici, si basa inoltre su presunti detti attribuiti al profeta Maometto, ma le fonti usate non sono quelle solitamente citate per sostenere la validità della tradizione profetica. In particolare si citano alcuni trasmettitori di detti (ahadith) di Maometto, ma questi  personaggi risultano sconosciuti – se non inventati – a chi studia la scienza dell’autenticazione degli ahadith del Profeta. Qui una ulteriore conferma da The Independent.


A conferma e sostegno dell’analisi di Trombetta, ci siamo permessi di fare la prova del nove e chiedere a due fonti che vivono ancora in Mosul, se abbiano mai visto questo editto o sentito di esso. Le fonti, consultate ieri sera, e di cui non fornisco le generalità per motivi di sicurezza, ma che posso dire essere entrambi giovani, maschi e musulmani, riferiscono di questa situazione e condividono gli ultimi documenti ufficiali prodotti da IS nella città. Ma non c’è traccia del documento che Adn kronos ha battuto, lanciandolo come un proclama ufficiale.

Prima fonte Y. : “Tutti i proclami di IS che IS intende rendere validi a Mosul, vengono pubblicati su account ufficiali on line ma, soprattutto, vengono distribuiti per noi e appesi nella Grande Moschea di Mosul, quella dove al-Baghdadi ha tenuto il suo primo discorso ufficiale.

"Innanzitutto, riguardo a questo documento, è evidente la sua non autenticità perché la stampa non è corretta”. La fonte, evidenziando esattamente gli stessi difetti di cui parlava Trombetta, aggiunge: “E’ evidentemente falso. Se fosse stato vero, l’avrebbero fatto girare ovunque e in tutte le moschee per obbligarci ad applicare la loro legge. E sarebbe stato pubblicato in prima battuta nella Grande Moschea”.

A riprova, la fonte invia due documenti “originali” di IS, distribuiti in fotocopie da IS nelle moschee per consentirci il confronto. Il primo (in basso) è un documento che regolamenta il mercato degli affitti delle case. “IS – dice la fonte – “calmiera” il mercato e desidera abbassare le quote di pagamento degli affitti e renderle uguali per tutti i cittadini di Mosul.

Il secondo (ancora in basso) si riferisce all’uso dei generatori di corrente che – dice l’editto – devono essere accesi per 10 ore, non di più, e il costo di un gallone deve essere di 7mila iraqi dinars, non di più”.

Nulla è stato diffuso o discusso a proposito di moralità o di costume? La seconda fonte, M. comunica: “L’unico editto in merito diffuso ha forzato i commercianti a porre dei veli neri sui volti dei manichini nei negozi, questo perché è proibito utilizzare statue o comunque rappresentare la figura umana secondo la sharia, in accordo con ciò che afferma il Corano”. La notizia è confermata e corredata fotograficamente ancora da The Independent.

Nulla che riguardi la circoncisione femminile? “No, mai sentito. Assolutamente no. Confermo che hanno distribuito l’editto secondo cui tutte le donne devono circolare velate, i jeans sono banditi e lo è ogni forma di abbigliamento occidentale (foto sotto).Posso dire che per il momento sono molto concentrati sulle minoranze religiose e tribali, dai cristiani di tutte le specie agli yazidi e turcomanni, dagli sciiti ai sufi. Anzi, posso dire che sono molto meno morbidi con i musulmani che si mostrano ostili che con tutti gli altri. Hanno distrutto la tomba di Jona e la moschea sconsacrata dell’imam Aoun Bin al-Hassan. Le minoranze scelgono forzatamente di andare via. E’ un incubo”

 

La fonte Y aggiunge: “Il documento che la stampa occidentale ha fatto circolare non è stato diffuso da nessun organo di stampa iracheno appunto perché non è corretto e nessuno l’ha preso sul serio, ma comunque non possiamo escludere che in futuro IS non possa fare un editto anche su questa pazzia o su tutte quelle che abbiano in mente. Chi può dirlo? Vi dico che andranno avanti finché qui la gente non  scoppierà. Gli abitanti di Mosul hanno iniziato ad odiarli e quelli che siamo rimasti siamo quasi tutti musulmani. Al posto di dare spazio a false notizie, perché non fate arrivare nelle sedi opportune il nostro disappunto e la nostra riprovazione nei loro confronti. Fate qualcosa o starete a guardare come avete fatto e continuate a fare per la Siria?”

Gaza, se c'è un motivo per diventare atei

Infografica Weapon Compare

L'elicottero si abbassa sul palazzo. Il rumore aumenta, raddoppia. Gli elicotteri sono due. Le pale sono vicinissime al terrazzo dell'edificio. Alzo la testa, posso quasi scorgere il pilota. Il ronzio è incessante. Mi sento minacciata. Ho paura, una paura inconscia e incontrollata che un mitragliere possa sparare su di noi da quell'altezza. Il mio cervello si sforza di aprire un varco nella mia coscienza: non sei in Siria, sei tornata dalla Siria, sei a Milano. Non può accadere nulla, non può accadere nulla. I miei colleghi parlano, non riesco ad ascoltarli. Il rumore delle pale dell'elicottero mi riesce insopportabile, si fonde e confonde con il ronzio dei droni rimasto nella mia memoria sonora dopo il viaggio in Afghanistan.


Dov'è finita quella bambina che contava stupita gli aerei e gli elicotteri nel cielo terso di Catania, in certe sere d'estate troppo calde, quando le stoppie della campagna verso l'orizzonte erano andate bruciate e i vigili del fuoco spegnevano gli ultimi focolai? Dov'è finita la stessa bambina che aspettava sul balcone l'atterraggio dell'aereo che avrebbe dovuto riportarle a casa i genitori lontani, tornati da un lungo viaggio?


Quella bambina non c'è. Ha iniziato a uccidere la sua innocenza una notte d'estate del 1991, ascoltando i caccia F16 americani che si rifornivano di carburante, in un via vai incessante sulla pista aerea Nato di Sigonella. Quello era un rumore diverso, un sibilo prolungato, una schioppettata lanciata dall'emisfero boreale verso un punto tendente a infinito. La processione dei caccia si percepiva con queste modalità di suono alle prime luci dell'alba ma all'inizio della notte il sibilo era quasi un rantolo: avevo sempre pensato che la ragione fosse dovuta al carico delle bombe che ne appesantiva il "respiro".


Anni dopo quella stessa bambina avrebbe toccato il suolo di Baghdad;

 

avrebbe conosciuto chi in quelle notti ricevette il carico di morte sulla testa; avrebbe condiviso il dolore di una famiglia che abbracciò quel che restava dei corpi dei padri e delle sorelle: un tronco, una testa. Avrebbe amato un uomo segnato da quel destino senza mai riuscire a riempire con quell'amore la voragine che il baco della follia in guerra scava senza chiedere permesso. Avrebbe abbracciato piangendo una donna americana la cui sorella era morta in quel fatidico 11 settembre e che dal 2003 varcava l'Iraq in lungo e in largo per chiedere scusa per colpe non sue.


Di quella bambina non c'è nemmeno l'ombra. Adesso, sotto questo elicottero che monitora una manifestazione di piazza in Italia, c'è una donna che sta contenendo il ricordo del suono della guerra da una reazione senza controllo, una reazione che non ha mai avuto lì dove c'era la guerra. Perchè la paura va inghiottita e masticata, quando puoi, se sei lì. Ma se l'hai dominata al momento giusto, ti assale come un ladro, quando meno te l'aspetti, nella vita quotidiana.


"Il giorno in cui la paura arriverà sarà il tuo battesimo": erano parole che aveva sentito due anni prima da una persona amata con molti più anni di esperienza di lei sul campo. Ecco, ecco cos'è la guerra. Una presenza infestante che si insinua senza clamori nel sottobosco della tua vita quotidiana.


Così, adesso che tutti scrivono e parlano di Gaza e Israele, e sembra quasi una vergogna non prendere parte al dibattito schierandosi, questa vecchia bambina vorrebbe spiegare a tutti quelli che si riempiono la bocca di ipotesi o, peggio, di insulti, cosa significa avere sulla testa un drone, un elicottero mitragliatore, attendere una minaccia da un altrove non bene identificato e provare un senso di impotenza assoluto perchè non sai il dove, il come, il quando. In una condizione come questa è difficile restare umani.


Forse è per questo, si chiede la vecchia bambina, che chi ha in mano un'ipotesi di potenza bellica, di mare, di terra, di aria, si appella a Dio, dice di combattere per Dio. Lo fa perchè ha rinunciato a restare umano, debole, inerme. Lo fa perchè ha deciso di sostituirsi a Dio, di essere come lui, di essere Lui. Per questo, in guerre come questa, dove la parola Dio si sente ripetere da ogni parte, dove tutti scomodano Dio per qualche turpe ragione, ti prende una voglia irrefrenabile di ateismo.


Ecco, se rinunciare a nominare Dio invano in mezzo a ogni guerra equivalesse a essere scambiati per atei; se restare umani e inermi significasse farsi passare per miscredenti; se patteggiare per una religione monoteista sorella piuttosto che un'altra non fosse prova di coerenza religiosa o politica, ecco quell'ateo vorrei essere io. Non vorrei darla vinta a chi dice che senza Dio, forse, si può restare più umani. Ma qualche volta, con un certo pudore, a costo di darvi scandalo, mi tocca ammetterlo.

 

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