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Quel tramonto nucleare sul Tigri

Quando, bambina, aprivo il sussidiario a pagina 14, c’era sempre l’immagine di una palma alta da dattero, della stele di Hammurabi, di un sumero, di un assiro. Eccola la Mesopotamia, la terra dei due fiumi, il Tigri e l’Eufrate, l’origine della civiltà, della ruota, della scrittura, e della legge dell’uomo, quella del taglione. Trascorrevo ore intere a comparare il Nilo alla Mesopotamia, le piramidi alle zigurrat. Ore trascorse fantasticando un mondo che non c’è.

Quella notte, trent’anni dopo, pagina 14 mi si è presentata in tutta la sua tenera evidenza, mentre ero chiusa dentro una tenda da campeggio, avvolta dentro il sacco a pelo sulle rive del Tigri ad al-Kut, a pochi chilometri a Sud da Baghdad. Dopo due guerre del Golfo e una situazione di instabilità politica che perdura, mai avrei immaginato di essere una dei pochissimi privilegiati ad avere un’esperienza del genere.


Quella notte io, insieme ad alcuni membri della Tigris River Flotilla – Abu Haider, Rachad Salim, James Wudel, Hassan Jabbar – abbiamo accettato di ascoltare il respiro segreto di questo fiume. E nonostante, sotto di noi, la terra sulla quale posavano le nostre tende portasse i segni della guerra - la cinghia di un carro armato ricoperta dalle alghe, un cratere lunare frutto dello scoppio di una bomba –il respiro del fiume non era un rantolo. La natura sa risorgere carsicamente nonostante gli errori dell’uomo e questa terra irachena, come una donna bellissima, violentata più e più volte, non ha ancora perso la sua dignità.

Quella notte non c’era la luna. Di fronte a noi, immobile, ostinato a non sparire mai, restava fisso ad indicare l’orizzonte il tramonto nucleare di una pipeline per l’estrazione del petrolio. Quel rosso, se ce ne fossimo dimenticati, arde lì perenne quasi a ricordarci quanto, troppo sangue è stato versato e perché milioni di iracheni non potranno mai più bagnare i piedi in questo fiume.

Il documentario “The sound of the Tigris” racconta l’avventura della Tigris River Flottilla e la sua lotta in difesa dell’ecosistema mesopotamico. “The sound of the Tigris”, nella World Water Week è dedicato a tutti coloro che un toccheranno mai più questo suolo e mai più si bagneranno in queste acque.

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